IL CAPORALATO DELLA GEOX ATTRAVERSO INTERPOSIZIONE FITTIZIA DI MANODOPERA
Pubblichiamo i ricorsi di alcuni lavoratori nei confronti di GEOX Spa.
Uno di loro iniziava a lavorare alle 6 di mattina e finiva alle 20 di sera con un’ora di pausa pranzo.
A volte capitava di lavorare fino alle ore 22 mangiando un panino portato da casa presso lo stabilibento GEOX.
La normativa, fin dalla legge 1369/60 (modificata dal d.lgs 276/2003), vieta l’appalto di mere prestazioni di mano d’opera per qualunque opera o servizio.
L’appalto è, quindi, illegittimo quando un terzo, al fine di sollevare dagli obblighi di legge il vero imprenditore, s’inserisce nel rapporto di lavoro figurando come datore di lavoro.
Tant’è che gli ordini relativi a tutte le attività di imballaggio provenivano da soggetti afferenti alla GEOX S.p.A..
La formale datrice di lavoro, cioè la ditta a cui è dato l’appalto, non aveva autonomia gestionale, non impiegava capitali propri, non acquistava materiale, non affrontava alcuna spesa viva per la produzione e non conferiva alcun elemento attivo nella produzione.
Modalità e tempi di lavoro erano estranei alla Team Group Scarl, (una delle ditte in appalto) e la direzione, il controllo della ricorrrente ed il coordinamento con gli altri lavoratori era esercitato da Geox S.p.A..
La professionalità richiesta era assolutamente non specifica, né di grado elevato, atteso che la ricorrente –e con essa altri dipendenti- si limitava alle attività inerenti l’imballaggio e lo stoccaggio di beni GEOX, all’interno di realtà produttive afferenti alla GEOX Spa medesima.
La Team Group Scarl si è limitata a mettere a disposizione della GEOX S.p.A. la forza-lavoro.
Per queste ragioni denunciamo l’interposizione fittizia di manodopera attraverso subappalti.
Per tutta la durata della somministrazione di lavoro gli operai svolgevano la propria attività nell’interesse nonché sotto la direzione e il controllo dell’utilizzatore Geox Spa, ma l’effettivo datore di lavoro erano società, che poi, dopo un periodo di tempo determinato, venivano poste in liquidazione, con subentro nella medesima attività, nei medesimi luoghi di lavoro di altra società –sempre con carattere cooperativo- che assumevano su di sé i lavoratori “verbalmente licenziati” dalle società precedenti.
La disciplina giuslavorista vieta l’intermediazione nel lavoro; è proibita la somministrazione illecita di lavoro attraverso società che prestino mera manodopera per svolgere lavori per conto e alle dipendenze di fatto della società appaltante (denunciamo l’appalto illecito ai sensi dell’art.29, I comma, D. Lgs.267/2003).
Inoltre anche il licenziamento -comminato verbalmente- è radicalmente inefficace per inosservanza dell’onere della forma scritta imposto dall’art. 2 l. 15 luglio 1966 n. 604, novellato dall’art. 2 l. 11 maggio 1990 n. 108, e, come tale, è inidoneo a risolvere il rapporto di lavoro (Cassazione civile , sez. lav., 01 agosto 2007, n. 16955).
Secondo costante giurisprudenza:
“Il licenziamento che non rivesta la forma scritta secondo la prescrizione contenuta nell’art. 2 della legge n. 604 del 1966 è inidoneo a risolvere il rapporto di lavoro, il quale pertanto deve essere considerato ancora giuridicamente in atto con la conseguenza che persiste l’obbligo retributivo del datore di lavoro fino a quando non sopravvenga un’efficace causa di risoluzione o estinzione del rapporto.”(così Cassazione civile , sez. lav., 02 agosto 2003, n. 11795; Cassazione civile , sez. lav., 27 febbraio 2003, n. 3022; Cassazione civile , sez. lav., 05 maggio 1999, n. 4498; Cass. 3 gennaio 1986, n. 23;. Cfr. anche Corte Costituzionale, sent. 23 novembre 1994, n. 398: “il licenziamento verbale, non producendo alcun effetto, non incide sulla continuità del rapporto stesso e quindi sul diritto del lavoratore alla retribuzione fino alla riammissione in servizio”)
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